Logo e marchio. Marchio e logo. Intorno a questi due termini c’è un po’ di confusione, probabilmente deriva dalla stretta parentela di sangue che li unisce e dalle centinaia di definizioni, ora esageratamente complesse, ora troppo superficiali, che si rincorrono tra i manuali e i siti web di settore, il linguaggio tecnico degli addetti ai lavori e quello più disinvolto del pubblico dei potenziali consumatori. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

A voler essere pignoli, si dovrebbe sempre distinguere tra marchio e logo. Sono due cose diverse, anche se poi, per ragioni di velocità e di sintesi, le due definizioni si sovrappongono abbastanza di frequente: entrambi identificano l’azienda ma il logo, in senso stretto, è la scritta, la parola rappresentata graficamente (pensiamo a Google per esempio), mentre ilmarchio, invece, è il segno, il simbolo iconico (pensiamo al celeberrimo baffetto Nike). Per evitare confusione, comunque, meglio forse parlare sempre e solo di logo: questa parola, almeno nel linguaggio di tutti i giorni, mette sempre d’accordo agenzie di comunicazione, addetti ai lavori, aziende e consumatori: può tranquillamente riferirsi a qualsiasi tipo di simbolo rappresentativo di un’azienda composto da lettere, parole, icone e segni grafici

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Quindi la creazione di un brand aziendale o logo da zero (o il restyling di uno già esistente) non è mai un’operazione banale: la forza dell’immagine coordinata e il successo di tutte le future azioni di comunicazione passano proprio da questa tappa fondamentale. Creare un logo che funziona davvero vuol dire amalgamare in modo coerente elementi di comunicazione visiva, di design e di marketing senza mai perdere di vista alcuni aspetti di vitale importanza.

  • Sintesi e coerenza. Il logo è l’estrema sintesi dell’immagine aziendale: meglio uno immediato, chiaro e semplice di uno complesso, eccessivamente elaborato e non rappresentativo della natura (o del prodotto) aziendale.
  • Originalità e attrattività. La capacità di sedurre, emozionare, raccontare e stuzzicare chi lo guarda sono gli ingredienti fondamentali di un logo che funziona. Continuare a battere i comodi sentieri del già visto e del conformismo porta solo raramente a risultati apprezzabili.
  • Riproducibilità e visibilità. Il logo va studiato in modo che sia facilmente individuabile e riconoscibile in contesti diversi e su supporti di comunicazione diversi, anche digitali. Deve sempre sfruttare al massimo le proprie possibilità espressive e sopportare riduzioni o ingrandimenti esagerati senza mai perdere di impatto e di efficacia, dal biglietto da visita al poster della campagna pubblicitaria di affissione, fino all’animazione per il web.
  • Longevità. Dopo qualche anno un restyling del logo o del marchio è più che lecito, vuoi per i gusti e la sensibilità del pubblico che cambiano, i linguaggi espressivi che si evolvono, le azioni della concorrenza che si fanno più aggressive. Tuttavia conviene sempre progettarlo per un periodo di sopravvivenza di almeno cinque anni: le modifiche troppo frequenti rischiano di disorientare il target e di disgregare il patrimonio comunicativo di valori che il logo racchiude.

 

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